Il comune di San Massimo all'Adige

La carta geologica del territorio veronese ci mostra San Massimo affacciato sul bordo di una antica scarpata fluviale che sale dalle quote di circa 60 metri s.l.m. di Via San Marco ai 75-82 metri s.l.m. di Via Lugagnano. Studi recenti hanno dimostrato che lo scioglimento dei ghiacciai del Garda e dell’Adige creò il grande conoide ghiaioso a sud di Rivoli che si raccorda con le morene gardesane nell’alta pianura fra San Massimo, Lugagnano e i primi rilievi morenici di Sona. La formazione di questi terrazzamenti fluvio-glaciali determinò una conformazione del suolo nella quale si possono ancora distinguere: la “spianata di S.Zeno” e la porzione di “alta pianura”, dove si trova ora San Massimo.

Ma questa dislocazione è relativamente recente. Fu infatti la Repubblica di Venezia che, dopo aver inglobato Verona nei suoi domini nel 1405, per motivi difensivi fece rinforzare le mura e decise di creare una zona priva di costruzioni e di vegetazione di larghezza pari alla gittata delle artiglierie dell’epoca. Così che, nel 1518, il borgo situato nei pressi della porta di San Massimo, che si trovava allo sbocco dell’odierna Via San Marco e oggi non più esistente, fu trasferito nella zona dove si trova tuttora.

Dopo la caduta della Repubblica Serenissima nel 1797, Verona passò sotto la dominazione napoleonica. L’esosità delle richieste per il mantenimento delle truppe provocò insoddisfazione nella popolazione che si ribellò il 17 aprile 1797 provocando un’insurrezione breve ma violenta con numerose uccisioni da ambo le parti, repressa poi duramente dalle truppe francesi. Di questi fatti resta testimonianza in un documento del 1802 dell’allora parroco Don Luigi dal Fior che elenca i danni subiti dalle truppe francesi:

Nota delli dani fatti dalle trupe francese Nelli Beni di Ragione della Venerabile Chiesa Parochiale di detta Contrada di San Massimo sottoborgo di Verona nel tempo che a dimorato le suddette truppe come segue: Prima tagliato dal piede morari n° 199 che poteva fare di folia sachi n° 250… per troni al saco di 3.75 che forma di capitale… troni 9375.

Segue poi un elenco di altri danni riportati alla casa parrocchiale di San Massimo dove le truppe hanno dimorato.

Nel 1801 si assistette ad una situazione insolita: la riva sinistra dell’Adige (Veronella o Veronetta come si chiama ancora oggi) sotto la dominazione austriaca, la riva destra sotto quella napoleonica. Durante questo periodo, Napoleone Bonaparte si preoccupò di controllare il territorio non solo militarmente, ma anche amministrativamente e una delle prime cose che fece fu l’inventario dei beni, particolarmente di quelli della Chiesa veronese. Con la sua proverbiale efficienza, il 22 maggio 1805 decretò:

Tutti i Parochi del Regno tanto della città, che della campagna nel termine di 24 ore dalla pubblicazione in luogo del presente Decreto daranno una notificazione esatta e distinta di tutti i proventi della propria Parrocchia siano in denaro, decime, livelli, derrate, redditi provvisionali, luoghi di Monte ancorché attualmente non esigibili, o qualunque altra specie di entrata.

stemma san massimo all adigeQualche anno dopo, nel 1808, venne istituito dai francesi il Comune di “San Massimo all’Adige”, così chiamato perchè unendo le contrade di S. Massimo, Croce Bianca e Chievo, il confine nord era proprio il fiume Adige. A Sud confinava con Santa Lucia, ad Ovest con Sommacampagna e Bussolengo. Fu concesso uno stemma proprio di complessa figurazione comprendente: l’angelo segnavento della chiesa di San Massimo, un colle naturale (simbolo di Chievo) e una croce bianca a simbolo dell’omonimo abitato; sotto, una figura allegorica antropomorfa maschile rappresenta la divinità del fiume Adige, accompagnato da una stella.

Nel 1814 Verona passò sotto l’impero austriaco fino al plebiscito del 1866 con il quale diventò territorio del Regno d’Italia. Durante questo periodo vi è la documentazione presso l’Archivio di Stato e quello Parrocchiale di situazioni, fatti ed eventi che hanno interessato il comune di San Massimo all’Adige.

Primo, l’istituzione della scuola. In data 14 gennaio 1841 il Parroco G. Battista chiese che si provvedesse quanto prima, per i bambini di San Massimo, a trovare un maestro e offrì la sala della sua casa Parrocchiale per la necessità. La richiesta venne accettata dalla I.R. Ispettore Distrettuale dichiarando che:

Ella è pronto di fare la scuola in persona propria, e non mai per mezzo d’altri e cioè in tutti giorni e ore prescritte, perché senza di questo io non posso accordarvelo stante le vigenti leggi scolastiche. 

La scuola iniziò il 1 febbraio del 1841: una principale a S.Massimo con circa 73 scolari con l’onorario annuale di £ 403 e l’altra a Chievo con circa 55 scolari e un assegno di £ 240. Ambedue con maestro provvisorio ed abbondanti quasi egualmente di scolari.

Dietro espresso dell’Eccelso governo coll’Ossequiato suo decreto 16 giugno p.p. in avvenire, i Rev. Parroci e catechisti nella istruzione religiosa da darsi agli alunni delle scuole elementari d’ambo i sessi dovranno fare uso del manuale pratico per la spiegazione dei catechismi ossia catechistica applicata prima spiegazione del piccolo catechismo, opera composta dal sig. Michele Leonardi, traduzione dal tedesco. (14 ottobre 1842)

Nel febbraio del 1835 scoppiò il colera e il Comune provvide alla necessità di intervenire oltre che con i medici, anche attraverso le parrocchie con l’istituzione di una commissione presieduta dal Parroco Don Giacomo Boldrin, da un deputato del Comune e da uno dei principali possidenti, Francesco Florio. Si susseguirono le ordinanze in data 16 agosto-19 agosto 1835, 24 agosto, 2 settembre, 23 ottobre, 24 novembre, tutte al fine di predisporre quanto necessario per affrontare nel miglior dei modi questa grave malattia che si divulgò negli anni 1835-1837 in tutta Italia causando 150.000 morti. 

Le Commissioni Sanitarie non devono soltanto aver visitato le corti delle case ma ogni piano delle case stesse; che si imbianchino le camere umide, che siano fabbricati acquai, fogne e cessi. Ordinare alle madri di pettinare e lavare i propri fanciulli; ordinare ai maestri di non riceverli se non puliti. (23 ottobre 1835).

Vennero predisposte le case di soccorso sotto la responsabilità della  Deputazione:

...provvedute almeno di due letti completi ed anche uno con due coperte, 50 mattoni, un sacco di sabbia, mezzo carro di legna secca mezza forma di carbon duro, una caldana di quattro secchie, tre pentole, quattro scodelle, due catini invetriati, ed un setaccio. Una barella completa, una boccia di cloruro, due libre di camomilla, di foglie di menta, e dei fiori di sambuco (24 novembre 1835).

Il 6 maggio 1848, durante la prima guerra d’indipendenza, si svolse la battaglia di Santa Lucia tra le truppe piemontesi di Carlo Alberto e quelle austriache del feldmaresciallo Radetzky, che ebbe numerosi episodi anche a San Massimo dove ancora oggi molte vie portano i nomi delle brigate che formavano il corpo d’armata piemontese.
La battaglia non portò a cambiamenti di situazione e Verona rimase austriaca ancora per 18 anni.

Nel 1866, attraverso plebiscito, Verona venne annessa al Regno d’Italia e Domenica 10 luglio 1870 alle ore 9,00 si svolsero le prime elezioni. Dal censimento risultò che gli abitanti del Comune erano 2579 di cui con diritto al voto solo 29 uomini: infatti il diritto al voto spettava ai cittadini maschi che sapevano leggere e scrivere, che avevano compiuto 25 anni e che avevano un reddito annuo di almeno lire 40. Gli elettori furono circa il 2% della popolazione.
Delle prime elezioni sono conservati all’Archivio di Stato sia gli avvisi che i processi verbali degli eletti.

Il 17 febbraio 1927 il Comune venne soppresso e il suo territorio aggregato al Comune di Verona.



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