Via Crucis di Venerdi' 18 marzo 2011- preparata dai GIOVANI
Pubblicato venerdì 25 marzo 2011
- VIA CRUCIS -
É una Via Crucis in sole 5 stazioni, ideata e preparata da un gruppo di Giovani della parrocchia. É stata poi realizzata per le vie del paese il Venerdi 18 Marzo 2011 in occasione della Settimana di Evangelizzazione.
GESTO: All'inizio di questa via Crucis invitiamo i membri del CCP, a nome di tutta la comunità, a compiere il gesto simbolico di lavarsi le mani per accogliere la Parola e le provocazioni che ci verranno proposte.
PRIMA STAZIONE: Gesù incontra Pilato
Dal Vangelo secondo Matteo: Pilato, presa dell'acqua si lavò le mani davanti alla folla “Non sono responsabile, disse, di questo sangue: vedetevela voi”. “Via, via crocifiggilo”. Risposero. Allora Pilato, dopo aver fatto flagellare Gesù, lo consegnò ai soldati perché fosse crocifisso.
TESTIMONIANZA: Pilato incarna l’indifferenza, la convenienza personale, il “politicamente corretto”. Pilato guarda dall’altra parte e come alibi lancia l’eterna domanda: «Che cos’è mai la verità?» (Gv. 18,38) Eppure la Verità gli sta di fronte, ma è scomoda, difficile, inaspettata.
La Verità non è sempre come ce l’aspettiamo, non dà certezze immutabili. La Verità va cercata con impegno ed onestà, anche a costo di veder crollare le nostre convinzioni, anche a costo di mettere in discussione le nostre fragili certezze e di compromettere la nostra immagine. E, quando l’abbiamo trovata, la Verità va rispettata e difesa come il più prezioso dei beni perchè senza verità non c’è giustizia e senza giustizia non può esserci pace.
Di fronte a Gesù, picchiato, coronato di spine, il popolo ha gridato: “L’ha voluto lui, è colpa sua!”. E Pilato diventa così, suo malgrado, spettatore di un gioco delle parti che continua ancora oggi.
GUIDA: Ogni giorno davanti agli ultimi, risuona quel grido millenario:
Sei anziano, malato, disabile…“Sei un costo sociale, , arrangiati, non sei utile a nessuno”
Sei in cassa integrazione, licenziato, disoccupato… “Sei un peso per l’azienda, arrangiati, datti da fare, cercati qualche lavoretto, magari in nero.”
Sei povero, senzatetto, immigrato, profugo… “Sei un parassita, un delinquente, arrangiati, tornatene al tuo paese.”
Come Pilato ci succede spesso di poter fare qualcosa per gli altri ma poi ci trinceriamo dietro il “non spetta a me”, il “chissà cosa penserà la gente di me”, il “fanno tutti così”, e ce ne laviamo le mani. “Non è peccato”, ci convinciamo, perché non abbiamo fatto il male. Non capendo che spesso il non fare, il non dire è una grave forma di peccato, cioè di allontanamento dal cuore e dalla volontà di Dio.
Anche oggi l’acqua è sempre a temperatura giusta nel nostro catino con l’asciugamano pulito e ripiegato a fianco.
Ripetiamo insieme: PERDONACI SIGNORE
- Per tutte le volte che ogni giorno esercitiamo il nostro piccolo, grande potere sugli altri, preghiamo.
- Per le volte che non ci sentiamo responsabili gli uni degli altri e non ci sforziamo per costruire insieme un mondo più giusto e una società più fraterna, preghiamo
- Per le volte che con una parola, un sospetto, un rifiuto, un commento cattivo abbiamo ferito qualcuno, preghiamo
- Per quando abbiamo preferito stare con i più forti e abbiamo finto di non vedere i bisogni degli altri, preghiamo
PREGHIAMO INSIEME
Ci impegniamo noi e non gli altri
unicamente noi e non gli altri,
né chi sta in alto né chi sta in basso,
né chi crede né chi non crede.
Ci impegniamo
senza pretendere che altri si impegnino, con noi o per loro conto,
come noi o in altro modo.
II STAZIONE: Maria incontra suo Figlio
Dal Vangelo secondo Luca: Simeone li benedisse e parlò a Maria, sua madre: “Egli è qui per la rovina e la risurrezione di molti in Israele. E anche a te una spada trafiggerà l’anima”
TESTIMONIANZA: Questa è la testimonianza che una madre fa degli ultimi tempi di malattia del figlio…
A 17 anni, mio figlio Emer fa due cicli di chemioterapia molto pesanti. Le sofferenze sono gravi: forti dolori all'addome, nausea, grande prostrazione. Nonostante questo, egli vuole continuare ad andare a scuola, affrontare le interrogazioni e i compiti per non compromettere l'anno. Sa sopportare con molta forza e affronta la situazione. Purtroppo dalla risonanza cerebrale di controllo emerge che il tumore si è esteso, è penetrato nel cervello ed ha raggiunto i nervi ottici. Emer è costretto a letto e vi rimane immobile, non mangia, beve pochissimo, vomita e ha mal di testa. Al padre dice con un filo di voce: "Papa, ma io guarirò?" Gabriele lo abbraccia forte: "Ma certo che guarirai, che cosa dici? Sono quelle medicine che ti fanno questo effetto... non avere paura". "Non ce la faccio più a vivere cosi". Risponde Emer. E proprio questa frase segna il preludio di una nuova fase, un progressivo e inaspettato innalzamento della sua anima e della sua esperienza: Emer vuole consacrarsi a Dio e lo fa durante la S. Messa celebrata nella sua stanza d'ospedale. L'altare non c'era o, meglio, era lì, vivente, davanti ai pochi presenti. Era il Sacrificio del Cristo che si perpetuava per la salvezza del mondo, cui Emer univa in modo assoluto e definitivo il suo.
Emer torna a casa per vivere in famiglia gli ultimi giorni di vita. Un pomeriggio la mamma desidera cambiare le lenzuola del letto di Emer, ma egli non ce la fa ad alzarsi, tanto è spossato. È veramente una fatica per lei sollevarlo, nonostante i tentativi. Avvilita, più che risentita, la mamma si volta verso il crocifisso e mormora, con sguardo accorato: "Ma allora, neanche questo mi lasci fare?" Detto questo si gira e... Emer è lì, incredibilmente in piedi, davanti a lei! Aveva sentito, e immediatamente, avendo raccolto ogni forza, si era sollevato e alzato, come per difendere Gesù dalle parole della madre.
GUIDA: Sul Calvario si spengono tutte le luci e Maria entra nella notte della fede. Sembra che le promesse dell’annunciazione siano tradite. È più facile sopportare il dolore che viene dall’uomo, finché sai che Dio è con te! Ma diventa intollerabile quando il Dio in cui speravi sembra impotente ad arrestare le forze del male e sembra esserne Lui stesso sconfitto.
“Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?”: così prega Gesù!
E Maria, che ascolta questa struggente preghiera, forse la ripete:
“Dio mio, Dio mio, perché lo hai abbandonato?”.
Umanamente ci sarebbero tutte le ragioni per gridare a Dio: “Mi hai ingannata!” e fuggire dal Calvario, perché tutto è tragicamente finito!
Invece Maria resta, c’è in lei un’obbedienza silenziosa, una consegna radicale. Dio nel cuore di Maria trova intatto il sì dell’annunciazione. Stando sotto la croce del figlio Gesù, è come se continuasse a dire “Eccomi, sono la serva del Signore; avvenga di me quello che hai detto”.
Ripetiamo insieme: PERDONACI SIGNORE
- Perdonaci Signore per quelle volte che chiediamo a Maria l’aiuto per cambiare la volontà di Dio e non per compierla così come si manifesta. Preghiamo
- Perdonaci Signore per quando non siamo in grado di consolare, aiutare, valorizzare, accompagnare i nostri fratelli sofferenti sapendo scoprire in loro la tua reale presenza. Preghiamo
PREGHIAMO INSIEME
Ci impegniamo
noi e non gli altri
unicamente noi e non gli altri,
perché noi crediamo all’amore,
la sola certezza che non teme confronti,
la sola che basta per impegnarci perpetuamente.
III STAZIONE: Gesù aiutato da Simone l’africano
Dal Vangelo secondo Marco: “Allora costrinsero un tale che passava, Simone di Cirene a portare la croce dietro a Gesù” (Mc 15, 21)
TESTIMONIANZA: Una sera un clandestino di diciotto anni entra nella mia pizzeria. E' congelato e sporco di unto. In inglese mi dice che è afgano e che si trova lì per fuggire ai talebani. Il suo nome è Sayed. Non ho potuto fare a meno di portarlo a casa mia, farlo lavare, dargli dei vestiti, dargli da mangiare e ascoltarlo. Il suo viaggio era iniziato 9 anni prima.
I fratellastri volevano che si arruolasse tra le fila dei talebani, come avevano fatto loro e il padre prima di essere ucciso.
L'unico modo per sottrarsi era scappare il prima possibile. La madre lo affida così ad un trafficante dicendogli di seguirlo senza dare altre spiegazioni. Piange e il bambino non sa perché la donna sia così triste. Quella è stata l'ultima volta che Sayed ha visto sua madre. Entra in Pakistan dove rimane per 4 anni lavorando come lavapiatti.
Da qui fugge in Iran dove lavora per tre anni in una fabbrica di impianti del gas. Durante un'irruzione la polizia lo arresta e lo porta in carcere per poi spedirlo con altri 200 connazionali in mezzo al deserto, nella Terra di Nessuno al confine tra Iran e Afghanistan.
Paga un trafficante per arrivare a Theeran da dove intende raggiungere la Turchia.
Con altri 10 ragazzi afghani viene sistemato in una stalla nascondendosi per 17 giorni tra le mucche. Un furgone li carica e dopo due ore di strade di montagna li fa scendere. Camminano tutta la notte seguendo un altro intermediario. Raggiungono un villaggio di nomadi, vengono dati loro del pane, acqua, documenti falsi e caricati su un furgone diretto a Istanbul.
Resta un mese chiuso in uno scantinato con altre cento persone. Ci sono bambini, persone con la scabbia, le pulci, la tubercolosi, gente incattivita che non risparmia violenze ai bambini. Ribellarsi e urlare è impossibile perchè potrebbero farli scoprire e arrestare tutti.
Viene caricato su un camion diretto fuori città, verso il mare. Sale su un barcone con equipaggio russo con altre 180 persone, ammassate le une sulle altre. Il motore si rompe ed entra acqua, così restano in mare 3 giorni e due notti.
Raggiunge il porto di Patrasso dove ogni giorno tenta di nascondersi sui camion per continuare il suo viaggio.
Riesce così ad arrivare a Bari rannicchiato vicino al motore di un camion. Dopo lo sbarco il tir non si arresta e continua ad andare. Il motore scalda, Sayed vede l'asfalto scorrere sotto di sè, gli mancano le forze e allora stacca il condotto dell'olio del motore. Funziona, ma il liquido bollente gli si riversa addosso ustionandolo. L'autista si ferma. Trascinando le gambe anchilosate cammina fino a Benevento ed entra nella mia pizzeria.
Sayed racconta il mio incontro come la prima cosa bella capitatagli in 9 anni di viaggio.
GUIDA: Gesù, furono i soldati a costringere Simone di Cirene, l’africano, a portare la tua croce. Forse non ti conosceva nemmeno, ma fu chiamato a caricarsi sulle proprie spalle quel peso. Tanti sono i modi con cui tu ci chiami ad aiutare i nostri fratelli poveri, vicini e lontani.
Ripetiamo insieme: PERDONACI SIGNORE
- Per tutte le volte che abbiamo chiuso il nostro cuore agli altri, preghiamo
- Per quando ci siamo sentiti autosufficienti, preghiamo
- Per le volte che abbiamo espresso pre-giudizi senza conoscere la realtà, preghiamo
PREGHIAMO INSIEME
Ci impegniamo Signore
per trovare un senso alla vita,
a questa vita, alla nostra vita,
una ragione che non sia una delle tante ragioni,
che ben conosciamo e che non ci prendono il cuore.
Si vive una sola volta
E non vogliamo essere “giocati”
In nome di nessun piccolo interesse.
IV STAZIONE: Aprite gli occhi figlie di Gerusalemme
Dal Vangelo secondo Luca: Lo seguiva una gran folla di popolo e di donne che si battevano il petto e facevano lamenti su di lui. Ma Gesù, voltandosi verso le donne, disse“Figlie di Gerusalemme non piangete su di me, ma piangete su voi stesse e sui vostri figli” (Lc 23, 28)
TESTIMONIANZA: Signore anche noi come le pie donne spesso ci battiamo il petto ma non per le cose che contano veramente.
Impariamo allora ad aprire gli occhi per creare rapporti nuovi con le persone, con le cose, con la natura, con il mondo e come Chiesa.
Apriamo gli occhi. La sobrietà: un nuovo rapporto con le cose
“Dacci oggi il nostro pane quotidiano”. Molti recitano tutti i giorni questa preghiera senza pensare al suo significato. Si chiede il pane, cioè quanto necessario per vivere. Ma non lo chiedo solo per me, ma per NOI, per tutti. Inoltre è il pane QUOTIDIANO. Non è soltanto il pane di ogni giorno, ma il pane che basta a sostenere questo giorno. Non di più non di meno. Il pane che basta. Nella preghiera insegnata da Gesù non si sostiene un’economia del digiuno ma neanche dell’accumulo e della sazietà. Oggi in un’economia dei grandi ipermercati, delle case sempre più piene di cose,l’economia della sobrietà che emerge dal Vangelo è semplicemente eversiva.
Apriamo gli occhi: un nuovo rapporto con le persone
Dice Padre Alex Zanotelli: Scuotiamoci dal torpore. La politica e l’economia imperanti ci mantengono appositamente sazi e soddisfatti, perché non vediamo il volto dei sofferenti e non ascoltiamo il grido degli emarginati. Riacquistiamo speranza. Guardiamo ai poveri: se c’è una cosa che ci danno è proprio la speranza. Chiunque sia stato in una baraccopoli può raccontare la gioia e la carica che essi trasmettono, nell’accoglienza festosa, nei giochi, nelle danze. E’ la loro immensa voglia di vivere, pur nella tragedia più dura. Al contrario qui da noi immersi nella ricchezza e nel perbenismo, abbiamo addirittura perso l’entusiasmo nel salutare l’altro e quasi ci scambiamo a fatica il segno della pace durante la messa!
Apriamo gli occhi: un nuovo rapporto con la natura
E Dio disse all'uomo e alla donna: siate fecondi e moltiplicatevi, riempite la terra, soggiogatela e dominate su ogni essere vivente”.
La terra non è dell'uomo è per l’uomo. Quel “soggiogatela e dominate” non va inteso come un potere assoluto dato all’uomo sulla creazione, ma come una responsabilità. “Soggiogatela” vuol dire fatela sempre più ospitale, accogliente della vita, con il vostro lavoro, con la ricerca, con lo studio dei fenomeni naturali che ostacolano la vita.
Molti problemi ambientali sono stati studiati e in parte risolti, pensiamo alla cura di malattie, al controllo dei fiumi, alle costruzioni antisismiche, ma molti altri ne abbiamo fatti sorgere con la nostra irresponsabilità e smania di supremazia, dagli inquinamenti con conseguenti malattie ai cambiamenti climatici.
Apriamo gli occhi: un nuovo rapporto con la mondialità
Oggi non possiamo più vivere nel guscio rassicurante del nostro cortile, all'ombra del nostro campanile. La terra è divenuta un villaggio globale, al punto che ciò che accade agli antipodi è come se si fosse verificato dietro l’angolo di casa nostra. E allora dobbiamo aprirci alla mondialità e sentirci coinvolti da tutte la crescite, ma anche da tutte le tragedie della terra. I lutti dei popoli lontani, come quello giapponese, sono lutti cittadini anzi di famiglia. I 50 milioni di fratelli che ogni anno muoiono di fame, gli oppressi dalle ingiustizie e dalle segregazioni, e tutte le vittime delle discriminazioni operate dalla oscena distribuzione delle ricchezze, interpellano anche noi: e non solo davanti al tribunale ultimo di Dio ma anche a quello penultimo della storia. Lo scempio delle risorse naturali, la corsa alle armi, i loschi traffici di droga, la violazione dei diritti umani… non possono lasciarci indifferenti, anche se tutti questi fenomeni perversi possono accadere lontano dal nostro cortile.
Apriamo gli occhi: un nuovo stile di chiesa
Come cristiani abbiamo bisogno di una Chiesa povera, abbiamo bisogno di uno stile semplice: solo così il mondo ci crederà e solo così potremo fare la battaglia a favore della vita. Ormai il sistema mondiale, a cui le Chiese sono funzionali, non fa altro che portarci tutti inesorabilmente alla morte. Solo una Chiesa capace di fare delle scelte di povertà, chiamiamole pure di stile di vita semplice, potrà mettere in crisi questo sistema. Oggi le chiese sono convocate dalla storia ad ascoltare il grido immane dei poveri. Ascoltare il grido dei poveri e diventare lei stessa povera: è questa la scelta che la Chiesa ha di fronte, oppure lei stessa tradisce il Vangelo e diventa complice di un sistema di morte che ci porta inesorabilmente tutti alla rovina.
Ripetiamo insieme: PERDONACI SIGNORE
- Perdonaci Signore per ogni volta che non abbiamo guardato all’essenziale, preghiamo
- Perdonaci Signore per ogni volta che non abbiamo amato i nostri fratelli, preghiamo
- Perdonaci Signore per ogni volta che non abbiamo rispettato la nostra terra, preghiamo
- Perdonaci Signore per ogni volta che non abbiamo aperto il cuore ai nostri fratelli lontani, preghiamo
- Perdonaci Signore per ogni volta che abbiamo tradito lo stile di chiesa che tu sei venuto ad annunciare, preghiamo.
PREGHIAMO INSIEME
Ci impegniamo
Non per riordinare il mondo,
non per rifarlo su misura, ma per amarlo;
per amare
anche quello che non possiamo accettare,
anche quello che non è amabile,
anche quello che pare rifiutarsi all’amore,
poiché dietro ogni volto e sotto ogni cuore
c’è, insieme a una grande sete d’amore,
il volto e il cuore dell’amore.
V STAZIONE: Il coraggio di Giuseppe d'Arimatea
Dal Vangelo secondo Giovanni: “Giuseppe d’Arimatea, che era discepolo di Gesù, ma di nascosto per timore dei Giudei, andò coraggiosamente da Pilato per chiedere il corpo di Gesù. (Gv 19,38)
TESTIMONIANZA: Gesù, tu ci chiami ad uscire dai ranghi, dalla logica del mondo e a comprometterci per amore tuo e del tuo regno, senza paura di perdere la faccia di fronte al mondo.
Come ha fatto nella sua vita, Don Antonio Bello, che divenne vescovo di Molfetta, mantenendo l'appellativo di don Tonino.
Nonostante l’alto incarico ecclesiale, Don Tonino ha sempre amato lasciarsi guidare dal Vangelo senza sconti sulla verità né calcoli o prudenze umane, a fianco degli ultimi. Lo troviamo così assieme agli operai in lotta per il lavoro, ai pacifisti nella marcia contro l’installazione di missili, insieme agli sfrattati che ospiterà in vescovado. E’ sempre stato così coerente da creare imbarazzo perfino in certi ambienti curiali: ma la fedeltà al Vangelo è stata più forte delle lusinghe dei benpensanti e delle pressioni di chi avrebbe voluto normalizzarlo.
La marcia pacifica, di cui fu ispiratore e guida, sebbene già malato di cancro, attraverso la città di Sarajevo, dilaniata dalla guerra, rappresenterà la sintesi epifanica della vita di don Tonino.
GUIDA: Don Tonino scrisse: Non siamo molto abituati a legare il termine PACE a concetti dinamici. Raramente sentiamo dire: "Quell'uomo si affatica in pace", "lotta in pace", "strappa la vita coi denti in pace"...Più consuete, nel nostro linguaggio, sono invece le espressioni: "Sta seduto in pace","sta leggendo in pace","medita in pace" e, ovviamente, "riposa in pace". La pace, insomma, ci richiama più la vestaglia da camera che lo zaino del viandante. Più il comfort del salotto che i pericoli della strada. Più il caminetto che il posto di lavoro brulicante di problemi. Più il silenzio del deserto che il traffico della metropoli. Più la penombra raccolta di una chiesa che una riunione di sindacato. Occorre forse una rivoluzione di mentalità per capire che la pace non è un dato, ma una conquista. Non un bene di consumo, ma il prodotto di un impegno. La pace richiede lotta, sofferenza, tenacia. Non tollera atteggiamenti sedentari. Non annulla la conflittualità. Non ha molto da spartire con la banale "vita pacifica". Sì, la pace prima che traguardo, è cammino. E, per giunta, cammino in salita.
Ripetiamo insieme: PERDONACI SIGNORE
- Per quando non abbiamo il coraggio di esporci per far prevalere la verità, preghiamo
- Per quando preferiamo rimanere al caldo delle nostre sicurezze invece di affrontare la fatica di un incontro, di uno scambio, preghiamo
- Per quando diamo per scontato la pace, preghiamo
PREGHIAMO INSIEME
Ci impegniamo
senza giudicare chi non s’impegna,
senza condannare chi non s’impegna,
senza disimpegnarci perché altri non s’impegnano.
Ci impegniamo perché c’è qualcuno o qualche cosa in noi,
un istinto, una ragione, una vocazione, una grazia,
più forte di noi stessi.
Ci impegniamo
perché ci interessa di perderci
per qualche cosa o per qualcuno
che rimarrà anche dopo che noi saremo passati
e che costituisce la ragione del nostro ritrovarci.
Primo Mazzolari
GESTO: Nella vita possiamo scegliere di lavarcene le mani come Pilato oppure, con le stesse mani, possiamo compiere gesti di solidarietà e condivisione: vogliamo allora concludere questa prima parte della via Crucis con il gesto simbolico di un abbraccio, di una stretta di mano, di uno scambio della pace per suggellare il nostro impegno a provare a cambiare noi stessi.