ll linguaggio LITURGICO

Pubblicato domenica 20 novembre 2011

La Liturgia, per aiutarci ad entrare nel mistero di Dio, usa dei segni. È importante evidenziarli per capirne il significato, il valore e recuperarne il rispetto e la venerazione.

Il segno della Croce

IL SEGNO DELLA CROCE è il segno che riassume tutto il mistero della salvezza. Occupa un posto preminente in ogni celebrazione:

  • portiamo la mano alla fronte per affermare che Dio Padre è il nostro capo,               
  • la mano al ventre per indicare la sorgente della vita,
  • portiamo la mano sulle spalle per indicare i punti cardinali, l'universalità.

Il segno della Croce con acqua benedetta. Fatto ogni volta che entriamo in Chiesa, indica la nostra appartenenza a Cristo; l'acqua richiamandoci il Battesimo, esprime il desiderio di purificazione.

Il segno della Croce, compiuto prima dell'ascolto del Vangelo, portandoci il pollice della mano destra alla fronte, sulle labbra e sul petto, sta a significare la comprensione della Parola, per poterla proclamare con le labbra e viverla con il cuore.

Quando facciamo il segno della Croce in qualsiasi altro momento, il primo significato è che la nostra vita sia conforme a quella di Cristo.

 Le mani

Il gesto delle mani: le mani hanno un linguaggio che è espressione visibile di sentimenti ed atteggiamenti interiori.
Mani giunte: è un gesto di concentrazione e dedizione al Signore, è una promessa di fedeltà e riconoscenza.                                                                                                                                                             Nell’atto penitenziale, siamo invitati a chiudere la mano e con il pugno battere il petto in segno di pentimento e di domanda di perdono.
Mani alzate: rendono più elevata e solenne la preghiera, è come alzare il cuore verso il Signore.
Imposizione delle mani: il sacerdote per invocare il dono dello Spirito allunga le braccia con le mani stese sopra il pane ed il vino perché diventino il Corpo ed il Sangue del Signore.
Segno della pace: è una normale conseguenza della preghiera che esprime le migliori intenzioni del cuore come Dio desidera che avvenga.
Mani sovrapposte: è la posizione che le mani assumono (la destra sotto la sinistra) per ricevere il Corpo di Cristo. Il fedele che riceve l’Eucarestia nella mano, la porterà alla bocca, rivolto all’altare, prima di ritornare al proprio posto.
Allargamento delle mani: esprime l’interiorità del raccoglimento nella preghiera che favorisce il progresso della vita spirituale, verso l’unione con Cristo.
Mani che benedicono: il sacerdote alla fine della Messa ci benedice con il gesto della mano e noi con molta devozione facciamo il segno della Croce.

La partecipazione del corpo

La Liturgia, per aiutarci a coinvolgerci, oltre al linguaggio dei segni, usa anche il movimento del corpo.
Lo stare seduti: è un segno di ascolto della Parola con carattere di attenzione ed insieme di accoglienza e riflessione, sia di tipo comunitario (nel salmo responsoriale) sia di tipo personale (dopo la comunione). Non è quindi un atteggiamento di semplice comodità ma di fede profonda e di viva partecipazione.
La preghiera in piedi: è un segno di rispetto, di onore, di riverenza: ci si alza in piedi davanti ad una persona che si vuole onorare e chi prega si pone davanti a Dio. Per questo l’assemblea si alza all’inizio della celebrazione, all’alleluia quando il sacerdote va all’ambone per la proclamazione del Vangelo.
Il silenzio: è un’altra forma di partecipazione attiva. Esige un’attenzione maggiore perché ci richiama in noi stessi, ci spinge a riflettere, ad interiorizzare, a personalizzare ciò che viene fatto in comune, il silenzio è obbligatorio alla colletta, dopo l’invito alla preghiera, dopo l’omelia e dopo la comunione

Il canto e le risposte 

Il canto è uno degli elementi che spinge l’assemblea ad essere attiva e partecipe. Coro e solista hanno solamente il compito di sostenere l’assemblea.

  Il canto d’ingresso ha la funzione di preparare interiormente l’assemblea al mistero che si sta per celebrare. Non si tratta di un canto che ognuno ascolta per sé, ma è essenzialmente un atto liturgico in cui coralmente rivolgiamo una parola a Dio, per dirgli che siamo contenti di essere lì a celebrare con Lui.

Tra le risposte che diamo durante la celebrazione il nostro Amen all’inizio è importante perché cominciamo dando il nostro assenso a tutto quello che stiamo per fare.

E’ un atto di fede che parte dalla fede che Dio ha in noi. Dio è il Dio fedele, la Sua Alleanza è irrevocabile. Così ogni volta che in assemblea diciamo “amen” affermiamo la fedeltà di Dio che è colui che è stabile-fermo nella Sua Alleanza in eterno ed affermiamo la nostra volontà di stabilità e fermezza nel Dio dell’Alleanza, che professiamo nostro Re e nostro unico Dio.

Amen è una parola ebraica: AMEN  significa  A = DIO        M = RE     EN = FEDELE

  La liturgia della Parola

La Liturgia della Parola inizia con il movimento di chi si alza in mezzo all’assemblea e parte per andare a leggere la Parola, inchinandosi davanti all’Altare.

L’Altare è unto con il Crisma. L’altare è Cristo, l’Unto per eccellenza.

Richiama innanzitutto il movimento della Parola di Dio, quello che Dio ha fatto per venirci incontro e salvarci. La persona che va a leggere sta per dare voce a Dio e pertanto si esige serietà, gioia, capacità e autorevolezza.

La Parola va proclamata, non letta. Un lettore non si improvvisa e neppure una lettura.
Per noi cristiani la Parola è elemento indispensabile per nutrire la nostra fede e la nostra vita; dalla Parola veniamo e dalla Parola siamo illuminati, orientati e sostenuti.

La Parola non è solo scrittura, ma è Parola viva, è testimonianza, è Cristo che oggi ci parla, riscalda il nostro cuore, ci incoraggia nelle prove e ci trasforma in creature nuove, figli di Dio, capaci di amare, soffrire, perdonare.

La Liturgia della Parola inizia con il movimento di chi si alza in mezzo all’assemblea e parte per andare a leggere la Parola, inchinandosi davanti all’Altare.

La Liturgia della Parola si compone così:
1ª lettura: è tratta dall’Antico Testamento e Dio ci conduce lungo la storia della salvezza fin dai tempi più remoti.
Salmo responsoriale: è risposta dell’assemblea alla parola ascoltata e può essere di lode, di ringraziamento, supplica, lamento….
2ª lettura: Dio ci parla ancora attraverso le lettere che i primi apostoli scrissero alle loro comunità. La risposta alla fine delle due letture “Rendiamo grazie a Dio” vuol dire: “E’ così, sappiamo che Dio opera così e noi vogliamo essere testimoni!”
Vangelo: è il cuore della Liturgia della Parola, è Cristo che parla. Viene letto dal Sacerdote che alla fine della lettura, alza e bacia il libro sacro, in segno di adesione alla Parola di Dio.
Omelia: il celebrante attualizza la Parola, aiutando l’assemblea a crescere nella fede, per testimoniarla nella propria vita.


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